Nel settembre 2009 debutta l’Aston Martin V12 Vantage, con motore maggiormente frazionato rispetto all’omonima versione ad 8 cilindri presente nel listino della casa britannica. Questa vettura mette a frutto il patrimonio di classe degli inglesi. Si tratta di un ottimo esempio del british style. La sua carrozzeria sembra scolpita sulla meccanica, per consegnare agli occhi una bellezza senza pecche. L’incedere dei volumi si svolge con impagabile maestria, come solo le opere d’arte sanno fare.
Il frontale, tonico e spiovente, annuncia la sua grinta, rinunciando ad ogni finzione scenica. Le linee anteriori si raccordano morbidamente alle fiancate, sancendo un profilo scorrevole e senza intrecci, vero capolavoro di pulizia stilistica. Dietro tocca alle appendici aerodinamiche esprimere la sportività, che si completa con il lunotto fluidamente incastonato. Un scultura.
Rispetto alla V8, l’Aston Martin V12 Vantage offre un cuore diverso. I tecnici della casa di Gaydon trapiantano un motore più grande, dando vita a una variante estrema. Con essa si compie un esperimento capace di suscitare l’interesse delle riviste scientifiche. Il dodici cilindri da 6 litri della DB9, opportunamente rivisto, viene innestato nella sua struttura, creando una metamorfosi che profuma di miracolo: il propulsore più grosso della gamma trova applicazione sul modello meno corpulento. Un’operazione rischiosa, che i chirurghi del marchio hanno svolto bene, scongiurando le crisi di rigetto.
Il risultato è la sintesi dei pregi dell’abbinamento, con una grande potenza in un corpo compatto, per un’andatura molto determinata. In cassaforte ci sono 517 cavalli e 570 Nm di coppia, pronti a concedersi con generosità. Lo scatto da 0 a 100 km/h richiede 4.2 secondi, mentre la velocità di punta raggiunge i 305 km/h. Si tratta di prestazioni degne della DBS, ma nei tratti guidati è facile che la piccola scappi di vista alla sorella maggiore.
Per adeguarsi alla nuova tempra il set up è stato modificato. Rispetto alla base di partenza, l’assetto è più basso di 15 mm. Anche le molle e le barre antirollio sono state irrigidite. La linea mette in mostra i nuovi muscoli, ma non abbandona l’abito da sera tanto caro a James Bond. Gli interventi principali riguardano il paraurti anteriore, con spoiler rasoterra e nuove prese d’aria; il cofano motore, con sfoghi alettati; il nolder e il diffusore, entrambi maggiorati.
Il peso è di soli chilogrammi più alto di quello della V8 standard, perché il quintale in eccesso del motore è stato parzialmente recuperato con l’impiego di pannelli in materiale composito, sedili leggeri, freni carboceramici, cerchi da 19 pollici in alluminio forgiato ed altri piccoli accorgimenti messi in campo dai tecnici. L’85% delle masse insiste fra i due assi, con una distribuzione quasi simmetrica dei carichi complessivi.
Questa baby col cuore da grande dispone di un cambio manuale a sei marce, che consente di assaporare la guida vecchio stampo. Esteticamente l’Aston Martin V12 Vintage si distingue dalla V8 per la presa d’aria inferiore di raffreddamento più generosamente dimensionata e per il cofano motore con feritoie supplementari. Elementi che aggiungono grinta alla tela grafica, senza sporcarne la purezza espressiva. Disponibile anche la versione Roadster, lanciata nel 2012.