Tremano i politici dell’Unione europea. Han fissato extra dazi provvisori sulle auto elettriche made in China ed esportate da noi. Pensavano fosse tutto facile, che sarebbe bastato il voto dei Paesi membri per vincere. Ma non hanno fatto i conti, nella loro torre d’avorio, con la determinazione di Pechino. Che giustamente ha iniziato a operare per persuadere Spagna, Germania e Italia a dire no ai dazi definitivi. La riunione del Consiglio può ratificare il provvedimento annunciato dalla Commissione europea: passa il no col col voto contrario di 15 Paesi in rappresentanza del 65% della popolazione dell’Unione.
Spagna
La cinese Chery investirà a Barcellona. Portando lavoro, soldi, movimento per l’indotto. Dalla Cina con speranza, mentre in Ue il Gruppo VW è in una crisi da paura. E la trimestrale Stellantis fa preoccupare. Gli spagnoli vendono di tutto nell’ex Impero Celeste: carne suina specialmente. Se la Spagna dice sì ai dazi, tutto questo finisce. Ecco allora il governo iberico che poche ora fa vota per il no.
Germania
Infiniti i rapporti con la Cina. Specie la vendita di auto premium BMW, Mercedes e VW oltre la Grande Muraglia. Caricate di dazi qualora la Germania dicesse sì ai dazi. Non solo: Berlino deve persuadere gli alleati. Allora, il governo teutonico si astiene, che è come votare no. Con “solidarietà critica con i vertici europei”. Che nessuno sa cosa significhi.
Italia
È alla disperata ricerca di una Casa cinese che investa in Italia. Forse Dongfeng. Ma la strada è ancora lunghissima. C’è solo un vago e misterioso memorandum d’intesa con la Cina. Se il governo Meloni vota sì ai dazi, chiaro che diviene difficilissima l’impresa già ardua di convincere una cinese. Poi ci sono le possibili barriere alle supercar italiane a fare paura: dazi cinesi su Ferrari e Maserati (Lambo, della tedesca Audi, Gruppo VW, non va considerata). Insomma, il voto a favore dell’esecutivo sarebbe un boomerang mai visto.