Molte case automobilistiche non smettono di inseguire la perfezione, la modifica, l’aggiornamento. A volte anche quando davvero non ce n’è bisogno. E ce ne sono di esempi in cui un’auto riesce a raggiungere uno stato di “apoteosi” tra gusto, eleganza, motore, resa, performance su strada, successo di pubblico. Capita che un modello riesca a raggiungere quel picco assoluto ed essere successivamente “massacrata” dal modello che rappresenta il suo successore nella linea del tempo. Parliamo di lei, parliamo dell’Eclipse.
Mitsubishi Eclipse, tutti la ricordiamo come uno splendore d’auto. Quella di seconda generazione, l’Eclipse che montava un quattro cilindri 4G63T e 210 cavalli di potenza, era il picco di cui parlavamo.
Cambio manuale a 5 marce, trazione integrale permanente, agilità di una piccola coupé ispirata al rally con possibilità estreme di modifica, quasi a renderla un giocattolo. Troppo bello per essere vero. Ma era vero, e lo è stato per un tempo troppo breve, circa due anni.
Alla terza generazione la trazione era già diventata anteriore. La potenza, grazie al V6 aspirato da 3,0 litri era più o meno la stessa ma non rendeva quanto la fenomenale trazione a quattro ruote motrici. Certo, l’Eclipse di terza generazione ha avuto anche un notevole picco di credibilità grazie al suo utilizzo in 2 Fast 2 Furious ma tutto quel viola non ha coperto l’involuzione di un’auto straordinaria.
Molto poco da dire all’Eclipse di quarta generazione, forse passata in sordina, pure troppo. Anche per il pubblico che, probabilmente, non l’ha neanche notata. Basterebbe osservare il servizio fotografico riservato alla quarta versione della Eclipse, nei pressi della fabbrica, accanto uno stagno. Basta la scelta di questo shooting per capire che neanche la Mitsubishi voleva fotografarla come merita una vettura chiamata Eclipse.
L’ultima – e questa sarebbe anche la pietra tombale sul modello – è un’Eclipse in formato crossover. Non sarebbe necessario aggiungere commenti. Forse non è il più eclatante ma è certamente un esempio di come si possa migliorare un’auto, lavorare per la sua evoluzione e poi, pur di non fermare il “flusso”, arrivare a distruggerla per sempre.