Moltissimi appassionati considerano la Volkswagen Golf GTI come la prima vera hot hatch quando è stata rilasciata nel 1976. Vero che si tratta di un simbolo, un’icona del mondo hot hatch. Ma dobbiamo contraddire questa convinzione: non è la prima, non è lei ad aver “inaugurato” la categoria.
La storia delle hot hatch arriva diversi anni prima della mitica Golf. È rapidamente diventata il riferimento per tutti: compatta, potente, divertente. Ma non è il modello da cui è partita la moda e, quindi, una vera e propria categoria del mercato dell’auto. Il momento decisivo per l’arrivo della hot hatch come nuovo concetto dell’automotive, non arriva dalla Germania e neanche dalla Francia. Nasce a Milano, in Italia, nel 1971.
La Mini Cooper S aveva tutte le credenziali per essere la hot hatch “modello”. Un motore più grande, doppi carburatori, più potenza e prestazioni migliorate. Ma le mancava una caratteristica fondamentale: non era una berlina.
Per trovare la prima hot hatch non dobbiamo neanche andare a bussare all’Alfa Romeo, alla Fiat o alla Lancia. Dobbiamo rivolgerci a un marchio italiano poco conosciuto e poco ricordato: Autobianchi.
Piccolo chiarimento: solo nei primi anni Ottanta è stata necessaria un’etichetta per definire queste compatte potenti. Gli inglesi per primi hanno voluto definire l’auto compatta ad alte prestazioni con tre o cinque porte. Originariamente “hot hatchback”, è arrivata successivamente l’abbreviazione “hot hatch” che si è anche applicata retroattivamente a mezzi “tascabili” ma potenti che sono arrivati prima.
La storia della Autobianchi risale al 1885 e al produttore di biciclette con il marchio Bianchi. Nel 1955 il produttore di biciclette aprì una collaborazione con Pirelli e Fiat per iniziare a costruire automobili. Nacque così la Autobianchi. Come si arriva alla prima hot hatch? Nel 1968 Fiat prende il pieno controllo di Autobianchi e utilizza il marchio come banco di sperimentazione di tecnologie innovative.
Arriva così la Autobianchi A112, utilitaria basata sulla Fiat 128. La A112 era dotata di un quattro cilindri in linea da 42 cavalli e 903 di cilindrata. Consegnata alla Fiat Abarth riuscì a fare anche la storia dell’auto italiana.
Il quattro cilindri in linea arrivò a 982 di cilindrata, la potenza salì a 54 cavalli, freni migliorati e sospensioni più rigide. Questa la ricetta per la hot hatch. Con i cerchi sportivi in lega, un volante Momo a due razze e avrete tutti gli elementi al proprio posto.
La produzione, dal 1971, durò per ben 27 anni, ogni generazione è stata capace di migliorare un elemento. Anche se la potenza sembra troppo esigua, stiamo parlando di una A112 Abarth che pesava solo 700 kg, a passo molto corto. Tutti elementi che la rendono davvero divertente alla guida. Qualche anno dopo arrivò la prima generazione di un mito.
La Golf GTI, infatti, uscì su strada nel 1976 diventando lei il simbolo hot hatch. Dopo circa otto generazioni di Golf, la GTI rimane ancora il punto di riferimento. Ce ne sono di migliori e più potenti ma il fascino storico è rimasto a lei, oscurando del tutto la A112 Abarth.