Doppia vittoria contemporanea negli Usa da parte di Stellantis e del neoinquilino della Casa Bianca Trump. Il Gruppo euroamericano scommette sugli Stati Uniti annunciando investimenti per 5 miliardi di dollari: è la prima azienda auto a prendere l’iniziativa negli States dopo l’avvento del tycoon. Mossa per cercare di rendere profittevole l’ex gallina dalle uova d’oro, Jeep. Da parte sua, un successo per The Donald: cerca di persuadere le società a creare lavoro in terra yankee, anche minacciando dazi, anche anti Messico (dove varie Case hanno fabbriche per esportare al nord). Nel corso della campagna elettorale, ha accennato alla possibilità di imporre tariffe sulle auto prodotte all’estero fra il 200 e il 500%, perché l’industria dell’auto americana sarebbe stata a suo avviso danneggiata da Biden.

Parla Antonio Filosa
Il chief operating officer del Nord America, Antonio Filosa, in una lettera ai dipendenti, ha detto: queste azioni “rientrano nel nostro impegno a far crescere la produzione di auto e manifatturiera” americana. Ricordiamo che il presidente del Gruppo John Elkann ha incontrato Trump la scorsa settimana, prima del giuramento.
Situazione oggi e domani
Negli States, Stellantis (circa 66mila dipendenti) conta su 12 stabilimenti per l’assemblaggio, sei per i motori, più tre per la trasmissione, e altri sette per la lavorazione meccanica. Obiettivo: un pick-up di taglia media a Belvidere, Illinois. E la prossima generazione del Dodge Durango al Detroit Assembly Complex. “Investiremo a Toledo”, in Ohio. Filosa ha parlato di “tecnologie aggiuntive e forti azioni sui prodotti per Jeep Wrangler e Jeep Gladiator nel Toledo Assembly Complex”. Urgono più componenti critici per la produzione nel Toledo Machining Plant. Infine, impegni a Kokomo per produrre il nuovo propulsore Gmet4 Evo.
Belvidere, caso scottante
Il sito dell’Illinois – dopo la chiusura a febbraio 2023, era al centro di un progetto di rilancio: 3,2 miliardi di dollari entro il 2027 per la produzione di batterie; 1,5 miliardi per nuovi pick-up medi. Ma solo sulla carta, perché poi non s’era concretizzato nulla. Di qui, lo scontro tra l’ex amministratore delegato Carlos Tavares e il sindacato americano United Auto Workers, potentissimo (siamo ai livelli di IG Metall in Germania).