Alfa Romeo Sprint 6C: l’esperimento fallito per il Gruppo B

Alfa Romeo Alfasud Sprint 6C

Dici rally e pensi alla Lancia. L’accostamento viene così immediato, naturale, almeno nei nostri confini, da lasciar credere non vi sia stata nessun’altra rappresentante del Belpaese che abbia tentato di finire al centro della ribalta. Quando, a onor del vero, delle connazionali hanno tentato di replicare i successi del marchio oggi diretto da Luca Napolitano. Le ambizioni possono però spegnersi sul nascere, vedi la storia da eterna incompiuta della Alfa Romeo Alfasud Sprint. Un esemplare sulla quale gravavano forti aspettative, mai confermate. A causa di varie vicissitudini non solo non ha conquistato i successi sperati, bensì non è nemmeno scesa in campo.

Alfa Romeo Sprint 6C: eterna incompiuta

Alfa Romeo Alfasud Sprint 6C

Per ricostruirne il processo di gestazione dobbiamo indietro nel tempo di ben quattro decenni. Era il 1980 e il Costruttore di Arese presentò l’Alfa Romeo Alfasud Sprint. Nel battesimo ufficiale i dirigenti diedero diversi spunti alla stampa specializzata di allora. In un periodo dove la Renault brillava di luce propria con la R5, mattatrice nel motorsport, i responsabili del Biscione presero appunti. Furono conquistati soprattutto da un aspetto: la collocazione del motore in posizione bassa centrale.

Frontale Alfa Romeo Sprint 6C

Il rally stava per cambiare fisionomia: al posto del Gruppo 4, la FIA decretò l’introduzione del gruppo B. La manovra dei piani alti puntava a richiamare il maggior numero di Case automobilistiche. Che si sentivano più libere di esprimersi: i paletti normativi erano, infatti, diminuiti in maniera drastica.

Un esemplare della Alfa Romeo Sprint 6C

L’Alfa Romeo ambiva a prendersi il posto occupato a lungo dalla Lancia e per questo motivo progetto l’Alfasud Spider. Stando alle dichiarazioni rilasciate alla stampa dalla compagnia, avrebbe portato a nuove soglie il propulsore della GTV. Mediante un aumento della cilindrata (in conformità alle modifiche normative), prometteva di passare dai 220-230 cavalli a quota 300.

Eppure, il progetto non andò mai in porto. L’Audi Quattro a trazione integrale dimostrò che per la trazione posteriore era giunta la fine. E rispondere alla Casa dei Quattro Anelli un investimento fuori portata per l’Alfa Romeo, da poco venduta dallo Stato al Gruppo Fiat. Il sogno venne rimesso nel cassetto, senza mai più essere rispolverato.

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