Autobianchi A112 prima serie: un pezzo di storia d’Italia

Autobianchi A112
Sreen shot da video livio olivotto

L’Autobianchi A112 prima serie è entrata nella storia ed è, senza ombra di dubbio, una delle utilitarie più popolari in Italia. Il merito va, in parte, ascritto alla sua eleganza stilistica e alla sua funzionalità. Doti che l’hanno traghettata idealmente nel tempo, fino ai nostri giorni.

Progettata da Dante Giacosa e Marcello Gandini per Bertone, la A112 fece il suo debutto al Salone dell’Auto di Torino del 1969, riscuotendo ampi consensi tra i visitatori della rassegna piemontese. Il successo commerciale, però, giunse a sorpresa e comunque oltre le aspettative dei vertici aziendali, mettendo a dura prova la capacità di produzione della casa madre. Alcuni acquirenti furono costretti ad attendere anche più di dodici mesi per ricevere il loro esemplare.

Nonostante questi problemi, l’Autobianchi A112 prima serie entrò nel cuore di molti. Fu una risposta efficace alla popolare Innocenti Mini e conquistò i clienti con il suo design accattivante, la sua razionalità e la sua economia di gestione. Con soli 3230 mm di lunghezza, 1480 mm di larghezza, 1360 mm di altezza e 2038 mm di passo, la A112 prima serie era un’auto piccola e maneggevole. Nei tratti più guidati regalava belle sensazioni a chi stava al volante.

La spinta era affidata a un motore a quattro cilindri da 903 centimetri cubi di cilindrata, derivato da quello della Fiat 850 Sport. Al suo attivo 44 cavalli di potenza massima. Questo si traduceva in un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 13,7 secondi e in una punta velocistica di oltre 135 km/h. Buona la manovrabilità del cambio manuale a quattro marce, dai rapporti corti.

L’Autobianchi A112 prima serie garantiva un’esperienza di guida piacevole, grazie alla sua agilità e alla sua tenuta di strada. L’impianto frenante misto, con dischi all’anteriore e tamburi al posteriore, contribuiva a dei rallentamenti sicuri ed efficienti. Nel suo piccolo, questa era una vettura elegante, funzionale e adatta alla vita quotidiana. Aveva anche un certo carisma. Ecco perché ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’automobilismo italiano.

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