Collasso in vista fra Volkswagen e sindacato IG Metall

Solo piccoli progressi poco significativi nelle trattative VW-sindacati.
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Dopo 50 ore di colloqui, incontri, trattative, dichiarazioni, pressioni, esternazioni, è quasi stallo fra Volkswagen e sindacato IG Metall. Solo piccoli progressi non significativi. VW e le famiglie Porsche e Piëch (azionisti principali) vogliono chiudere le fabbriche. Quante? Si sussurra: minimo tre. Quanti tagli? Forse 30 mila. Col 10% in meno di stipendio a chi ha la fortuna di “sopravvivere” in azienda. Circa 100.000 lavoratori hanno già organizzato due scioperi separati il ​​mese scorso, i più grandi nella storia dell’azienda, per protestare contro i piani della direzione di tagliare i salari, ridurre la capacità e potenzialmente chiudere gli stabilimenti tedeschi per la prima volta.

Paralisi in vista

Entrambe le parti rimangono molto distanti su questioni chiave, tra cui la potenziale chiusura degli stabilimenti, a cui i lavoratori si oppongono fermamente, ma la Volkswagen ha affermato che potrebbe essere necessaria per tagliare i costi e rispondere a quella che si aspetta sia una domanda strutturalmente più debole in Europa. Gli scenari in discussione includono tagli di capacità, piuttosto che chiusure complete degli stabilimenti, hanno affermato le fonti. La scorsa settimana, Handelsblatt ha riferito che una possibilità potrebbe essere quella di spostare la produzione del modello Golf del marchio principale VW in Messico dallo stabilimento principale della casa automobilistica tedesca a Wolfsburg.

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Cinesi troppo forti

Volkswagen, la più grande casa automobilistica europea, sta anche lottando con concorrenti cinesi agili e più economici, nonché con un’adozione di veicoli elettrici più lenta del previsto. Bloomberg ha riferito in precedenza nel corso della giornata che Volkswagen e i sindacati si stavano avvicinando a un accordo per ristrutturare il marchio VW senza chiudere fabbriche in Germania. Il management è disposto a mantenere in funzione gli stabilimenti e ripristinare gli accordi di sicurezza del lavoro fino al 2030 in cambio della rinuncia dei lavoratori ai pagamenti dei bonus.

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