La Lotus Evora del 2009 è stata un’auto di svolta, ma non ha perso di vista la tradizione della casa inglese. Questa ha un campionario di parametri che ne definiscono l’essenza, due dei quali spiccano su tutti gli altri: le prestazioni e la leggerezza. Sono i valori da custodire nel tempo e la Evora ne ha avuto profondo rispetto. La filosofia aziendale, che fa rivivere la tradizione di famiglia, si è spinta verso nuovi lidi in questa creatura, che ha scritto un altro capitolo nella storia delle sportive di Hethel.
Il modello, presentato tredici anni dopo la Elise, non ha trascurato l’allestimento interno, degno di una granturismo. Il risultato appariva subito chiaro quando si aprivano le porte, per scoprire un abitacolo rivestito con materiali di pregio, dove spiccavano dei piccoli strapuntini, pronti ad ospitare due bimbi. Nessun’altra vettura a motore centrale offriva ai suoi tempi una simile opportunità.
Dentro c’erano un sistema multimediale Alpine, con connettività Bluetooth, l’iPod e altre diavolerie messe a disposizione dal mercato, ma i cultori del marchio preferivano il piacere di guida, che non faceva certamente difetto a questa proposta.
Il telaio in estrusi di alluminio, con carrozzeria in compositi, assicurava quella integrità necessaria a produrre un comportamento preciso e sicuro, per dare del filo da torcere a vetture di fascia più alta. La resistenza strutturale superava di due volte e mezzo quella della Elise, già di suo molto valida. Per fortuna la solidità dello chassis non andava a detrimento del peso, contenuto in 1350 kg: non tanti per un’auto di tali caratteristiche.
La Evora iniziale era equipaggiata con un V6 aspirato da 3.5 litri di origine Toyota, opportunamente modificato. Questo propulsore, disposto trasversalmente, erogava 280 cavalli a 6400 giri, con una coppia massima di 342 Nm a 4700 giri. Notevoli le prestazioni, con una velocità di 260 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h inferiore ai 5 secondi, ottenute in una cornice di grande piacevolezza che i freddi numeri non riescono ad esprimere.
A smorzare l’energia dinamica ci pensava un impianto frenante AP con dischi forati, dotati di pinze e quattro pistoncini che mordevano elementi da 350 mm all’avantreno e 332 al retrotreno. La Yokohama sviluppò specificamente delle coperture con misure differenziate sui due assi, accoppiate a cerchi anteriori da 18 pollici e posteriori da 19 pollici.
Non mancavano, ovviamente, i dispositivi elettronici di sicurezza, come l’ESP e il Lotus Traction Control, attenti a non turbare il godimento della conduzione. Il cambio manuale a 6 marce aveva il piglio sportivo che ci si aspetta in casi del genere. La Lotus Evora non riscriveva i cardini del marchio, ma li reinterpretava in un nuovo quadro funzionale, senza lanciarsi in arditi sentieri lontani dalla tradizione. In essa il passato si sposava al presente per traghettare l’azienda verso il futuro.
Con le sue credenziali questa 2+2 ha conquistato diversi cuori, sedotti dal suo pacchetto tecnico e funzionale, ma anche dal fascino di una linea sinuosa e tagliente, che dissimula la presenza dei sedili posteriori. Dopo la versione standard, giunse la “S” del 2010, con compressore volumetrico e 350 cavalli. Poi fu il turno della Lotus Evora 400 del 2015, con 405 cavalli, e della Sport 410 del 2016, con 416 cavalli. Alla GT 430 il compito di chiudere al meglio la stirpe, con la forza dei suoi 430 cavalli di potenza e 440 Nm di coppia, per una velocità massima di 305 km/h e uno scatto da 0 a 100 Km/h in 3.8 secondi.