Artega GT: la sportiva tedesca che pochi conoscono

Artega GT
Screen shot da video Gumbal

Con le sue proporzioni sportive, l’Artega GT del 2007 ha il piglio felino delle auto da corsa, il cui spirito battagliero cerca di emulare. Gli sforzi dei progettisti si concentrarono sulla ricerca della leggerezza e della precisione di guida, per consegnare alla clientela un prodotto agile e reattivo, capace di disegnare traiettorie di alto rigore geometrico.

Il risultato del loro impegno tradusse in evidenze empiriche l’ambizione iniziale, confermando la qualità del lavoro di sviluppo, condotto da uomini di grande esperienza, coordinati da un manager di lungo corso come Karlheinz Kalbfell. L’essenza più intima dell’Artega GT è anticipata dalle forme muscolose, dovute alla matita di Henrik Fisker, che vanta nel suo palmares modelli come la BMW Z8 e l’Aston Martin Vanquish.

Dall’esteso impiego di alluminio per il telaio e la carrozzeria – con porte, cofani ed ali in fibra di carbonio – derivarono dei riflessi positivi sulla scala della bilancia. Il peso di 1100 kg era una buona base per conseguire buoni riscontri in termini di maneggevolezza e accelerazione, specie perché la spinta veniva fornita da un motore da 296 cavalli di potenza e 35.7 kgm di coppia.

Questa energia giungeva dal VR6 di 3.6 litri a iniezione diretta messo a disposizione dalla Volkswagen. Del colosso tedesco era pure il cambio DSG a sei rapporti con doppia frizione, mutuato dall’Audi TT, che accresceva ulteriormente le credenziali tecniche dell’Artega GT. I numeri parlano di uno scatto da 0 a 100 in 4.6 secondi e di una velocità massima di 273 km/h. Erano valori in linea con quelli della concorrenza del tempo, ottenuti però in una cornice più esotica.

Anche sotto il profilo dinamico l’Artega non pagava lo scotto delle origini poco blasonate, riuscendo ad offrire emozioni spumeggianti in un contesto espressivo audace e tagliente. Un simile traguardo fu reso possibile dal valido bilanciamento dei pesi, dalla cinematica delle sospensioni, dall’efficienza del comparto aerodinamico e dalla trazione posteriore.

Il feedback dello sterzo concorreva al godimento dell’esperienza di guida, con un comando pronto ad impostare le migliori linee d’azione. Quanto bastava per farne una sportiva concreta, capace di dare grosse soddisfazioni al conduttore, chiamato a scegliere fra quattro logiche di funzionamento per gestire l’interazione dei controlli di trazione e stabilità, fino ad escluderli totalmente. Il costruttore sperava di raggiungere un volume produttivo di 500 unità annue, vendute a circa 75 mila euro, ma la conta delle vendite si fermò a 153 esemplari.

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